L'ingresso col neon grande, la rampa per le ambulanze, le scale e gli ascensori lunghi, il linoleum sul pavimento, il verde delle pareti, le ciabatte trascinate, i passi incerti, i deambulatori, la saletta con la tv e le sedie a rotelle, la statua di padre pio coi rosari attaccati, i quadri bruttissimi, il manifesto di un congresso medico, la saletta delle infermiere, i succhi di frutta, il bar delle flebo su trampoli, pigiami e scatole di cioccolatini, l'intimità condivisa, i calzettoni ad agosto, gli occhi gialli, le barbe lunghe, i pigiami nuovi, la cappella essenziale con pochi banchi, i golf sopra i pigiami, i sorrisi carichi di angoscia, le mani strette come non si erano mai strette, gli sguardi rassegnati, il gergo tecnico pronunciato da occhi bassi per confondere una sentenza di condanna, le speranze, i sorrisi, le buste di plastica con le canottiere pulite, i succhi di frutta, la minestra alle diciotto e trenta, i biscotti, le sedie di formica grigia, l'odore secco di disinfettante, che dà la nausea, e ti spinge fuori, nell'aria calda di pino, e le aiuole sono ben curate e ospitano panchine all'ombra. La vita riprende con la fronte aggrottata e i salvi respirano di nuovo per sentirsi più tristi e fortunati.

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