La porta a vetri della scuola rifletteva il sole fisso ed implacabile di luglio sugli occhi stretti, accalcati di fronte ai risultati dell’esame di terza media.
Michele aspettò che la prima ondata di ragazzi scorresse, con le dita ansiose, il responso della commissione.
Poi si avvicinò.
Michele Mustara: ottimo
Scese gli scalini ed entrò in macchina.
- Allora?
- Tutto bene.
- Tutto bene quanto?
- Il massimo.
- Bravo.
Michele non disse nulla. Sistemò gli occhiali ed allacciò la cintura.
Il volontario della casa-famiglia si accese una sigaretta, che riempì di volute celesti la macchina. La temperatura era insopportabile.
- Vuoi passare da tua mamma?
- Si, grazie.
L’infermiera moldava aprì e non sorrise.
Michele venne assalito dall’odore untuoso di brodo di carne.
Con questo caldo, pensò.
La madre sudava sopra un letto speciale, un letto rinforzato, che potesse sostenere centoventichili di schizofrenia sedata. La serranda della finestra era abbassata e si sentiva soltanto il ronzare del ventilatore sul comò, che si muoveva a destra e sinistra. Era sdraiata su un fianco, con una vestaglia leggera e celeste, con le bretelle. Con una mano sosteneva la testa spettinata. Michele prese una sedia e si mise davanti alla madre, ad un metro di distanza.
- Ciao mamma
- Ciao amoremio!
- Sono stato promosso
- Anche io, amoremio, lo sai?
- Bene, sono contento. Tutti e due promossi.
- E adesso che fai?
- Vorrei fare il liceo classico.
- Che bello! Il classico è una scuola importante.
- Lo so, mamma.
- Me la prendi una sigaretta, amoremio? Nel cassetto del comò. Io non ci arrivo.
- Ti fanno male le sigarette, mamma.
- Una sola, dài…
- Non posso, mamma.
La donna, con un movimento sgraziato e pesante, si girò dall’altra parte del letto. Sbuffò. Michele sentì lamentare le meccaniche in ferro del letto. S'accorse solo allora che la madre aveva una schiena enorme, bianca e piena di nei, che si intravedevano dalle trasparenze della vestaglia.
- Dopo il liceo vorrei fare medicina.
- Me la prendi una sigaretta?
- Mamma...
- Io ora dormo un po’.
Michele uscì col timore di puzzare di brodo di carne.
Il sole gli accecò gli occhi, e dovette schermarsi con una mano per vedere dove fosse parcheggiata la macchina.
- Che ha detto tua mamma?
- Era contentissima.
- Andiamo a casa?
- Si.

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