Il dottor Spatafora imboccò il vialetto di casa ed attese pochi secondi, quelli necessari per lasciar aprire il cancello automatico. Dentro il suv nero Frank Sinatra cantava Somethin' Stupid e persisteva un odore lieve di sigarette al mentolo.
Sentì ticchettare sul finestrino ed il vetro oscurato discese leggero e senza rumore. Circondato dallo scuro della sera c’era un ragazzo che lo fissava con occhi grandi e tremolanti.

“Lei è il dottor Spatafora?”
“Si, sono io”
“Ero venuto a riportarle questo”

Il ragazzo mise le mani dentro alle tasche del piumino e tirò fuori un cartoccio pesante. Il dottor Spatafora guardò prima il cartoccio e poi il ragazzo. Aprì piano il pacchetto di carta piegato accuratamente e dentro c’era un orologio. Osservandolo meglio s’accorse che era quello della sua azienda: sul quadrante bianco c’era lo stemma rosso con la scritta “Vittorio Spatafora & Figli”. Era stata una sua idea, quella degli orologi. Ne regalava uno ad ogni lavoratore della sua azienda che andava in pensione.
Quell’anno ne aveva regalati molti. Dopo la cassa integrazione aveva licenziato cinquanta operai. La crisi era stata un ottimo alibi per svecchiare e ridurre l’organico

“Ma…che significa?”
“Io sono Matteo Donati, il figlio di Giuseppe Donati. Mio padre lavorava per lei”
“Ah. E perché mi riporti l’orologio?”
“Non è stato un bel regalo”
“Ma come? Non è brutto, mi pare…”
“No, assolutamente. E’ pure bello. Ma non è questo il punto”

Gli occhi del giovane erano tranquilli come la voce.
Il dottor Spatafora non riusciva a capire dove volesse andare a parare quel ragazzo. Ricacciò malamente un grumo di saliva e fastidio in gola.

“E qual è il punto?”
“Mio padre ha cinquantacinque anni”
“Ah”
“A cinquantacinque anni c’è ancora troppo tempo da vivere, e mio padre non vive più. S’alza la mattina e rimane in pigiama fino all’una. Non vuole andare a fare la spesa, perchè nel quartiere tutti s’accorgerebbero che non sta lavorando. Si vergogna, capisce? E allora rimane lì, di fronte alla televisione e sospira. Mica parla. Sta zitto, non dice niente perché non ha niente da raccontare. Vabbè, questo per dire che un orologio è un regalo sbagliato. Mio padre non incontra nessuno, quindi a nessuno può far vedere quanto è bello. Ma soprattutto segna il tempo, per lui solo tempo vuoto. A mio padre tutto questo tempo inutile lo sta uccidendo. La scatoletta non l’ho trovata, mi dispiace, ma forse mamma deve averla buttata via. Buonasera, dottor Spatafora”

Il ragazzo smise di parlare e salì sulla bicicletta.
Il dottor Spatafora vide la luce debole della dinamo che si faceva spazio nel buio, e poi più niente.

Post più recente Post più vecchio Home page