Il Cinghiale aspettava fuori dal balconcino del corridoio, due metri quadrati affacciati sul tetto piatto e basso della mensa, da cui usciva un getto largo di vapore grasso che puzzava di brodo e roba scondita. Di fronte, un altro muro chiudeva la vista del parcheggio.
Fumava tranquillo, mentre una pioggerellina leggera abbassava il livello di inquinamento della città e l’umore di chi da troppi mesi non vedeva il sole.
Lanciò la sigaretta sopra il tetto della mensa, e s’accorse che il vento aveva raccolto tutti i mozziconi in un angolo, dove in mezzo alle piastrelle era cresciuta spontanea un’erba verdissima, che spezzava la routine di grigio e beige dell’intonaco dell’ospedale.
Rientrò in corsia che puzzava di fumo.
Si lavò le mani in un bagno degli infermieri e mise in bocca una mentina, poi prese la sua cartella ed uscì.
Entrò in una stanza piccola, illuminata solo dalla luce bianca del sole che passava a tratti tra le nuvole in transito serrato.
Sopra un letto stava adagiato, immobile, il corpo di un uomo, sorvegliato dagli occhi stanchi di una donna anziana. Appoggiato sulla sedia c’era un sacchetto grande e nero, di una marca elegante di vestiti. Attorno al letto il trespolo di una flebo, staccata.
La stanza era spoglia, liberata anche dalle riviste e dalle confezioni aperte dei biscotti. Rimanevano soltanto pochi centimetri di succo di frutta alla pera dentro un bicchiere di plastica. Il letto accanto non era occupato da nessuno.
La signora guardò il Cinghiale e gli occhi erano crateri rossi.

- Là dentro c’è il suo vestito. Mi raccomando la cravatta. Quando usciva metteva sempre la cravatta
- Non si preoccupi, ci penso io
- Vado via. Dentro questo pacco ci sono i soldi, li consegni lei. Deve solo vestirmelo e lasciare i soldi a quelli delle pompe funebri che verranno a prenderlo. Penseranno a tutto loro.
- Non ci sarà il funerale?
- No. Mio marito era senza dio. Voleva essere cremato e lasciato libero sulle montagne della Val di Susa. Ma le cremazioni costano tanto e prima ci sono gli ultimi debiti di gioco da saldare. Non credo ci vedremo più, caro, volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per Adelfio

La signora aveva il portamento signorile di chi ha conosciuto il lusso e i segni sul viso di chi ha visto perdere tutto, case, argenteria, quadri, mobili, dignità.
Salutò il Cinghiale stringendo la mano magra ed ossuta sopra il camice verde. Le caviglie sottilissime sembravano perdersi dentro l’austero delle scarpe nere con poco tacco.
Il Cinghiale entrò nella stanza e chiamò con l’interruttore altri due infermieri, che adagiarono il corpo dell’uomo sopra una lettiga per portarlo all’obitorio. Poi prese il sacchetto con il completo nero e percorse i due corridoi in linoleum.
Entrò nella stanza di Carmine Bucciella, che stava mangiando riso in bianco ed una cotoletta scondita. La moglie, pingue e macchiata di psoriasi, lo salutò con un sorriso largo e riconoscente.

- Carmine buongiorno. Ho trovato il vestito, eh.
- Ah, grazie, infermiè. Quanto vi devo?
- Eh, questa è roba di classe. Almeno cento euro

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