Prima di trovare l’interruttore tastò numerose volte il muro, come se in quella casa non ci fosse mai stato.
Quando la lampadina accese di giallo polveroso l’unica stanza dell’appartamento, vide che attorno alla maschera dell’interruttore c’erano numerose ed irregolari strisce rosse.
La mano era imbrattata del sangue uscito dal naso e da un taglio sulla tempia.
Gli avevano fatto molto male.
Respirava affannosamente, un po’ perché era ubriaco, un po’ perché proprio non riusciva: forse qualche costola era rotta ed allargare il torace significava lasciarsi trapassare da fitte lancinanti, che si irradiavano dal costato fin dietro alla schiena.
Aprì il frigorifero e prese una birra in lattina.
Appoggiata alla bocca, avvertì un gonfiore diffuso sul labbro superiore.
Nel lavello s’erano accumulate settimane di piatti sporchi, due bicchieri e vasetti di yogurt, e un milione di propositi disattesi.
Sputò sopra un piatto in bilico e l’inclinazione fece scorrere bava rosa. Si passò la lingua sui denti per essere sicuro che fossero tutti al proprio posto e fu felice di non riscontrare nulla di anomalo.
Sputò ancora, e la tinta della saliva divenne di un rosso più deciso.
Probabilmente c’era qualcosa di rovinato dentro, e dentro poteva essere la lingua, lo stomaco, i polmoni, la gola. La vita, insomma.
Entrò in bagno e fece l'incontro che aveva procrastinato da troppo tempo.
Era ridotto male, e lo specchio sporco rese più suggestivo il suo viso.
Sentì impellente lo stimolo di cacare.
Mentre cercava di togliere la cinta e sbottonare i pantaloni vide che in fondo al cesso, nell’acqua racchiusa dentro ad un lurido anello di calcare marrone, sguazzava un insetto.
Sembrava uno scarafaggio, e si dimenava con le zampette sul pelo dell’acqua, alla ricerca di un appiglio.
Come si avvicinava alla calcificazione sporca di merda, i movimenti di facevano più frenetici, sembrava dovercela fare, ma poi sprofondava di nuovo dentro alla piccola pozza di ceramica.
Ne compatì il panico per un po’, poi abbassò i pantaloni e lo sommerse con uno spruzzo di diarrea.
Pensò che quando l’unica alternativa alla morte fosse aggrapparsi alla merda, forse era il caso di farla finita.
Questa considerazione lo convinse, si pulì, nemmeno tirò lo sciacquone, prese una boccettina con alcune pastiglie, ne infilò una manciata abbondante in bocca e si distese sul letto.
Il labbro gonfio pulsava ritmicamente, e fu l’ultimo dolore che ricordò, prima di dormire.

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